Io, a dire la verità, avrei una montagna di roba da stirare, però mi dispiace dirle di no: “Non saprei, non vorrei fare tardi…”
“Se ti va possiamo andare alla pizzeria del Trucido, che è a dieci minuti a piedi da qui. Non è un posto chic, ma si mangia discretamente.”
“E chi è il Trucido?” chiedo, incuriosita.
“È il gestore del locale, nonché la sua attrazione principale” sorride Valeria. “Un personaggio particolare, romano purosangue, ex guardia del corpo di un famoso politico.”
“Beh, sembra interessante. Ok, vada per la pizza” acconsento.
Anche se il posto è subito dopo il tunnel di via Lunigiana, Valeria preferisce che prendiamo la sua Panda. Troviamo parcheggio facilmente, a pochi metri dalla pizzeria. Al nostro ingresso nel locale, ci accoglie il Trucido in persona. Valeria mi ha detto che è sulla sessantina, però non dimostra più di quarantacinque anni, ed è ancora un bel uomo: spalle larghe, pelle scura e occhi azzurri. Indossa pantaloni neri, scarpe nere e una camicia di raso… nera. “Ciao ni’!” urla vedendo Valeria. “Come stai? E la tua amica Flavia? Sempre n’ Australia?”
“Sì, sempre lì. Ha promesso che quando torna a Milano passa a trovarti.”
“Dije che ce conto!” raccomanda lui, enfatico.
“Lei è Sara, la mia nuova compagna di appartamento” mi presenta Valeria, facendo un cenno verso di me.
Il Trucido mi squadra senza pudore. “Anche questa nun sta messa male” riconosce.
Ordiniamo due pizze mare e monti, che - come aveva promesso Valeria - sono buone. Quando abbiamo terminato di cenare, il Trucido si siede al nostro tavolo, con una bottiglia di limoncello e tre bicchieri.
“So’ morto” sbuffa.
“Troppo lavoro?” chiede Valeria.
“Troppe donne. A volte me pare che nun so’ mai stato così incasinato. Ma nun sarà mai peggio de quanno stavo sposato. Lì sì che stavo nelle pezze.”
“Sempre per lo stesso motivo?” domando io.
“Eh sì” conferma il Trucido. “A’n certo punto c’avevo mi’ moie, l’amante e ‘n’artra. ‘Na bionda, ‘na mora e ‘na rossa”
“Una per colore. E riuscivi a gestirle tutte?”
“Ar principio me pareva de sì, me sentivo ‘n leone. Poi però ho cominciato a sta’ mpo’ sbattutino. E nun bastava aa dieta dell’atleta: me serviva er doping!” esclama il Trucido, enfatico. “Nun jaaa facevo a rinuncia’ a nessuna delle tre. Finché ‘na sera che tonnavo a casa, tutto tranquillo, dopo ‘una magnata co’ gli amici, me so’ trovato tutte e tre le mi’ donne sedute ‘nsieme sur divano. Ho capito subito che pe’ me era arrivata ‘aa fine. Dissi «vabbè, ve saluto!» e me n’e annai a Milano.”
Ci guarda negli occhi e sentenzia “Voi donne siete tremende!”. Mi fa una carezza sul viso e si allontana. Valeria ha un’aria divertita. Il suo seno, fasciato da una maglia bianca aderente, è praticamente appoggiato sul tavolo. Almeno un paio di clienti lo contemplano, immobili come lucertole che prendono il sole. Quando ce ne andiamo, troviamo il Trucido alle prese con una signora ben vestita, entrata nel locale per chiedere delle informazioni. “Ah signo’, n’ te posso aiuta’!” le risponde il Trucido, allargando le braccia, poi si volta verso di noi. “Ciao belle!” ci saluta, abbracciando me e Valeria con notevole affetto.
Fuori dalla pizzeria, Valeria e io camminiamo verso la macchina, godendoci il tepore della serata primaverile. Incrociamo una coppietta di ragazzi di periferia. Lui, un tipo basso con lo sguardo incazzato, indossa una felpa con la scritta BASTARD PERICOLO PUBBLICO. Lei sfoggia una maglietta con la scritta DOLL, che lascia scoperta una pancia che non dovrebbe essere scoperta. Chiede al suo fidanzato: “Me lo regali il pupazzo di Winnie Pooh?”
“Ma perché proprio Winnie Pooh?” risponde lui con foga. “Io lo odio Winnie Pooh, se lo vedo per strada lo ammazzo.”
Trattengo a stento una risata, mentre lui mi guarda cupo.
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