domenica 13 aprile 2014

Giovedì 23 giugno Il Trucido/2: isolette

“Me so’ rotto ‘ii cojoni, perché nun ce stanno più valori. Solo li sòrdi! Specialmente na ‘sta città, specialmente a Milano. Quann’ero giovane io, se lottava pe’ qualcosa. Magari ce se menava, ce se ammazzava pure, ma per ‘n ideale!” protesta il Trucido, indicando la sua camicia nera.
Il Leo lo guarda con diffidenza. Valeria sorride. Giulio arrossisce. Guglielmo di Ciclhobby, che è con noi perché sono stata colta dal rimorso, mantiene il sorriso stereotipato che ha adottato dall’inizio della serata.
“Nun lo dovete di’ a nessuno perché qui no’o sanno, ma tra poco prendo e me do’” prosegue il Trucido, abbassando la voce.
“Nell’isola?” chiedo io.
Mi guarda per un attimo interdetto. La storia dell’isola l’ha raccontata a tutti, ma ancora crede che sia un segreto.
 “Sì. C’ho già ‘aa casa” conferma. “Sistemo ‘ee urtime cose e poi parto.”
“Quanto è grande quest’isola?” gli chiedo. Finora ho dovuto sostenere la conversazione da sola, perché Guglielmo è troppo occupato a farmi gli occhi da triglia. Valeria non è certo una chiacchierona e il Leo - su cui in questi casi solitamente puoi contare - guarda in silenzio, con aria cupa, il busto di Mussolini che il Trucido ha piazzato dietro una pianta, in posizione discreta ma visibile.
“N’ ce sta gnente! Solo quaranta ‘ndiggeni! Na’a trovi manco su ‘a  mappa!”
“Sei sicuro di resistere? Non ti annoierai?”
“Macché! Passerò er tempo a pesca’, a pija’ er sole, a magna’.”
“E tua figlia? Non vive qui con te?” gli chiede Valeria, dando finalmente segnali di risveglio.
“Sì, sta a Milano con me. Però è già grandicella, quindi pò fa’ senza er padre. Je dirò: «t’ho fatta laurea’, adesso camina co’e tu’ gambe! Tanti saluti! Ciao core!!»” conclude passandosi una mano tra i capelli, che per un motivo o per un altro sono corvini come quelli di un ventenne.
“Vedrai che gli indigeni ti faranno sindaco del villaggio” continua Valeria. “Così potrai mettere la tua camicia nera nelle cerimonie ufficiali.”
“Pò esse’! Pò esse’!” si compiace il Trucido. “E poi c’ho na casa bellissima, potrebbe  fare da municipio.”
“Come hai fatto a comprarla?” chiede Giulio.
“Co’li sordi! Tutti vojono i sordi al giorno d’oggi, anche li servaggi: mica accettano ancora ‘ee conchjie”
“No, voglio dire…” arrossisce Giulio. “Non te l’avrà venduta un’agenzia. L’hai comprata personalmente?”
“No. L’ha comprata n’amico mio, che già sta là. Jo dato li sordi e ha fatto tutto lui.”
“Gli hai dato i soldi perché ti comprasse la casa? Ti fidi molto di questa persona!” azzarda Giulio.
“Certo che me fido!” si offende il Trucido. “È come ‘n fratello pe’ me. Purtroppo nun sta più ‘n Italia, è dovuto scappa’.” Guardo gli altri, che si stanno sicuramente domandando cosa possa avere combinato l’amico del Trucido. Quando il nostro ospite se ne va, il Leo mi ammonisce, indignato: “Non farmi più uno scherzo del genere, Sara!”
“Non ti è piaciuta la pizza con le cozze?”  chiedo, innocentemente.
“Sai benissimo cosa voglia dire” insiste lui. “Che razza di energumeno: non ho mai visto nessuno di meno svizzero in vita mia.”

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