“Sant’Ambrogio” sostiene Giulio “è il periodo dell’anno in cui sono più contento di essermi trasferito a Milano.” Si sa: facendo ponte con l’Immacolata e il fine settimana, si ricava una mini-vacanza che anticipa il Natale. Quest’anno ho deciso di approfittarne per tornare a casa, ma quasi me ne pento, perché in Stazione Centrale è persino difficile muoversi. I viaggiatori cercano di risalire le correnti della fiumana di gente, come salmoni, ostacolati dai valigioni posati per terra. Gruppi di persone sull’orlo di una crisi di nervi si accalcano attorno alle obliteratrici.
Il treno per Udine è letteralmente preso d’assalto, e la partenza viene ritardata. A complicare ulteriormente le cose, da stamattina cade fitta la neve, e il Freccia è in ritardo di un’ora rispetto alla tabella di marcia. I passeggeri però - con la prospettiva di cinque giorni a casa - non si lamentano troppo. Nello scompartimento regna un’atmosfera rilassata. Un tipo sui cinquant’anni, con l’aria del venditore, fa lo spiritoso, ed è particolarmente espansivo nei miei confronti, anche se io mi limito a dargli un feedback di monosillabi. Mentre rifletto sulla strategia migliore per mettermi a leggere Vanity Fair, il Leo chiama al cellulare. “Che giornata! Che giornata ho avuto!” geme.
“Cosa è successo?” gli domando. Per non disturbare gli altri, mi alzo e, malgrado la calca, esco dallo scompartimento.
“Stamattina dovevo andare in macchina fino a Bologna. Avevo fissato un appuntamento con un cliente della zona, così poi potevo proseguire direttamente verso Firenze.”
“La tua solita, diabolica astuzia …” gli dico, per compiacerlo.
“Anch’io pensavo di avere avuto un’idea geniale: il piano era di incontrare il cliente, mangiare un piatto di tortellini e andarmene di corsa a casa. Ma il destino beffardo si è accanito contro di me.”
“Povero tesoro!” lo compatisco. “Lasciami indovinare… scommetto che non avevi montato le gomme termiche.”
“Invece lo avevo fatto. Sono una persona previdente.”
“E allora?”
“Ho perso l’auto” confessa il Leo.
Il venditore mi sorride da dentro lo scompartimento. Mi sposto più in là nel corridoio. “Non finirai mai di sorprendermi, adorabile sbadatone. Toglimi una curiosità, l’hai persa mentre la guidavi, l’auto?”
“No, l’ho persa prima di mettermi alla guida. Stamattina, uscendo di casa - con il sorriso sulle labbra, malgrado le condizioni atmosferiche - non mi veniva più in mente dove l’avevo parcheggiata. Ho provato a cercarla, ma la neve aveva ricoperto tutto. Avresti dovuto vedere la scena: i passanti non si scorderanno facilmente di me, visto le imprecazioni che lanciavo. Del resto ero nel panico più totale: ho cominciato a dubitare che l’avessero rubata, la mia Polo.”
“Beh, alla fine l’hai trovata o no?”
“Sì, dopo venti minuti di ricerche frenetiche. Era sepolta sotto mezzo metro di neve.”
“E sei saltato al volante, guidando a tutta velocità verso sud, verso il sole. Tutto è bene quel che finisce bene.”
“Eh no! Non era mica così facile!” esclama il Leo. “Se volevo guidare, dovevo liberare il parabrezza dalla neve.”
“In effetti guidare alla cieca è sconsigliato dall’Automobile Club” riconosco.
“Il problema era che non sapevo cosa usare per pulire. Ho dovuto fare di necessità virtù e usare le mani, anche se avevo addosso i miei guanti di pelle.”
“Quelli che avevi preso da Amos in Corso Buenos Aires? Ti erano costati una cifra, ed erano l’unico orgoglio della tua vita.”
“Adesso non lo sono più, stanne certa.”
“Mi dispiace, Leone” solidarizzo.
“E il mio calvario non era ancora terminato!” sospira lui. “Una volta pulito il parabrezza, ho provato a aprire la macchina, però la chiavetta elettronica non funzionava. Ho tentato con l’apertura manuale, ma non funzionava neppure quella. In preda alla disperazione, ho telefonato al cliente per rinviare l’appuntamento, ma mi ha detto che la sua stupida fabbrica non poteva attendere.”
“Poco comprensivo, eh?”
“Assolutamente. Non sapevo come fare, quando mi sono accorto… che la macchina che stavo cercando di aprire non era la mia! Era per questo che la chiave non funzionava.”
“Hai pulito, e poi cercato di scassinare, l’auto di un altro? Questo è bizzarro, anche per te” commento, colpita.
“Era assolutamente identica!” protesta il Leo. “Quante Polo viola possono ragionevolmente essere parcheggiate in una via secondaria di Milano?”
“Ok, ok” lo rabbonisco. “E a quel punto che hai fatto?”
“E che potevo fare? Ho ripreso a cercare la macchina e, per fortuna, l’ho trovata subito. Ho dovuto pulire il parabrezza, dando il colpo di grazia ai miei guanti e, come se non bastasse, per riuscire a fare manovra mi sono dovuto fare spazio a calci tra la neve.”
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