mercoledì 28 agosto 2013

Mercoledì 18 maggio La Rana/2: gli occhi di un batrace

Il Leo ed io oggi torniamo a pranzare in Piazza Diaz, al bar che abbiamo “scoperto” la settimana scorsa. La cameriera sessantenne, truccata ancora più pesantemente dell’altra volta, sorride a Leone, mentre con me è piuttosto fredda. “Come procede la tua love story con Claudia?” mi informo, una volta fatte le ordinazioni.
“Ti riferisci alla Rana? Lo scorso fine settimana è andato abbastanza bene. Anzi, fino ad un certo punto è andato molto bene. Mi stavo quasi convincendo di portare avanti questa storia almeno fino alle vacanze, ma lei è riuscita a rovinare tutto.”
“Ti ha chiesto di nuovo cosa rappresentava per te?”
“No, stavolta mi ha attaccato su un altro fronte: avevamo appena finito di fare l’amore, ed ero tutto rilassato, quando lei mi ha domandato, a tradimento, che cosa mi avesse colpito di lei.”
“E tu cosa le hai risposto?”
“Cosa potevo risponderle?” protesta il Leo. “Il suo culo enorme?”
“No, non mi sembra la risposta più appropriata” ammetto. “Come te la sei cavata?”
“Ho esitato un attimo. Poi le ho risposto che mi avevano colpito… i suoi studi di letteratura latina all’Università.”
Rido. “Ne sarà rimasta lusingata.”
“Per niente. Si è rattristata di colpo, come se le avessi fatto vedere una sequenza di Sussurri e grida di Ingmar Bergman.”
“Non la capisco. Ogni donna sognerebbe di ricevere un complimento del genere.”
“Saraaa!” geme il Leo. “Non mi è venuto in mente altro, mi ha colto di sorpresa. Ho cercato di rimediare aggiungendo che mi avevano colpito anche i suoi occhi, ma non credo di essere stato convincente.”
“Temo di no” confermo.
La cameriera ci porta i nostri piatti.
“Tra parentesi, sono davvero belli gli occhi di Claudia?” riprendo, mentre condisco l’insalata.
Il Leo versa con energia una quantità industriale di pepe sulla sua pasta alla carbonara. “All’inizio sembrano assolutamente anonimi. Invece, a modo loro, sono particolari: hanno un colore indefinibile, tra il nero e il marrone. E sono piccoli, piccoli come due capocchie di spillo. Sembrano due minuscole porte verso… il nulla.”
“Leone, sei tremendo. Una piaga per l’umanità.”
Mangiamo, riflettendo su questa verità.
“A proposito di piaghe dell’umanità, come sta tua nonna?” mi informo, dopo che abbiamo ordinato i caffè.
“L’ho sentita poco fa al telefono. Mi ha detto che le stava venendo mal di testa.”
“Povero tesoro” la compatisco.
“Sì, mi sono commosso anch’io. Comunque a lei i mal di testa durano poco. Ha una ricetta infallibile per guarire: un optalidon con due dita di whisky.”
“Qualsiasi medico lo consiglierebbe” approvo.

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