La macchinetta sta terminando di preparare i nostri caffè quando arriva Giovanni. “Offri tu?” chiede ad Arianna, esibendo un sorriso smagliante Grazie, sei un tesoro. Per me un espresso, bello cremoso come sempre.” Poi si rivolge a me: “Così hai lavorato due anni da Beccafico. Com’è? Nell’ambiente ha una fama piuttosto sinistra.”
“È un tipo particolare” riconosco. “Al di là del bene e del male, ma più simpatizzante per il male.”
“Se non sbaglio, sulla carta intestata c’è scritto che lo studio Guido Beccafico è stato fondato nel 1930. Immagino non dal Guido Beccafico che c’è adesso.”
“No, non credo, anche se lui un centinaio di anni li dimostrerebbe pure.”
“È avvocato?”
“Sì, ma lui non utilizza il titolo: ritiene che spaventa i clienti.”
“Magari non ha torto!” sogghigna Giovanni. “E ingegneri, ce n’erano tanti?”
“Solo un paio di esterni che venivano a prendere il lavoro e se lo portavano a casa. Alcuni brevetti li scriveva direttamente il Becca, il quale si vantava di avere «rubato il mestiere» a un ingegnere che aveva lavorato da lui. Quanto ai risultati, non metterei la mano sul fuoco.”
Dall’ascensore, vicino al quale è collocata la macchinetta del caffè, esce un tipo grasso e sudato. Mi guarda come un cinghiale che, nella foresta, incontra un animale troppo grosso per i suoi gusti. Arianna mi presenta: “Nicola, lei è Sara Accorti, che da ieri è entrata nel gruppo dei nostri legali.”
“Sì, mi era giunta notizia di un nuovo arrivo” sbuffa il ciccione, stringendomi la mano senza troppo entusiasmo. È chiaro che per lui sono una nuova variante in un mondo già troppo complesso. Senza aggiungere altro, entra nello studio. Gli altri si scambiano un sorriso. “Non avevi ancora conosciuto Marozzi” constata Giovanni. “È un tipo particolare, te ne accorgerai presto.”
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