sabato 29 novembre 2014

Sabato 6 agosto Il signor Pèpe

Dopo una settimana tra le dolci colline del mio paese natio, è arrivato il momento di partire per la Sicilia. Sono impaziente di cambiare aria: mia mamma mi tiene il muso perché vado in vacanza con Marco; mio padre, probabilmente per lo stesso motivo, mi ha praticamente tolto il saluto.
Non avverto il senso di nervosismo che di solito mi invade prima di un viaggio, anzi quando squilla la sveglia sono quasi sollevata. Faccio colazione da sola, assonnata ma tranquilla, poi mia sorella Caterina detta l’Incazzosa mi accompagna alla stazione di Vicenza. Anche se alle sei del mattino il traffico è praticamente inesistente, impreca selvaggiamente contro gli altri automobilisti. “Prima o poi ti verrà un infarto” la avverto.
Devo incontrare Marco a Venezia, alla fermata dell’autobus per l’aeroporto. Mi sarebbe piaciuto partire insieme da Montebello, ma lui avrebbe dovuto passare la notte a casa mia e questo, purtroppo, è impossibile per colpa dei famosi preservativi. Quando lo incontro, in stazione, lui è ancora più bello del solito, già un po’ abbronzato, con la sua polo verde scuro e gli occhiali da sole: mi sembra profondamente ingiusto che sia stato bandito dalla mia casa paterna. Lo bacio a lungo, con trasporto. “Perché vedendoti mi eccito sempre?” gli chiedo.
Lui mi  dà un buffetto sul fondoschiena.
“Sto con te esclusivamente per il sesso” lo informo, salendo sull’autobus. Lui ridacchia, mi accarezza di nuovo.

Il viaggio in aereo procede senza intoppi. Una volta atterrati, invece, abbiamo qualche problema con i bagagli, perché nel piccolo aeroporto di Palermo impera l’anarchia. Le valigie dei passeggeri in arrivo giacciono abbandonate a loro stesse in un angolo della sala, alla rinfusa. Nessuno sembra in grado di dare indicazioni: i turisti stranieri smarriti, confusi, cercano un senso, un ordine delle cose. I locali li guardano con dignitosa indifferenza.
Quando ci consegnano l’auto, Marco si mette al volante. Guidatore nervoso anche per i criteri nordici, in confronto ai siciliani sembra un pazzo scatenato: la nostra Honda Civic bianca scatta come un’indemoniata, sorpassando una dopo l’altra le automobili che procedono con filosofica lentezza lungo la strada deserta.
In un’ora e mezzo arriviamo a San Vito Lo Capo, un paesino tranquillo e ordinato, per quanto turistico. Troviamo quasi subito - in una delle stradine più vicine al mare - l’agenzia indicataci da Paola per affittare l’appartamento. Parcheggiamo di fronte ed usciamo dalla macchina, abbandonando a malincuore l’aria condizionata, che abbiamo tenuto al massimo per tutto il viaggio.
Tre uomini, seduti su sedie di paglia, chiacchierano con espressione paciosa, le mani posate sulla pancia. Non sembrano fare caso a noi, ma quando stiamo per varcare la soglia dell’agenzia, uno di loro, un signore coi baffi e una polo a righe viola e marroni, volta la testa e ci chiede, lo sguardo improvvisamente duro: “Desiderate, giovani?”
“Veniamo da parte di Paola La Ciura” comunico. “Cerchiamo il signor Giuseppe Cascio.”
“Sono io in persona, signorina” dice l’uomo coi baffi, alzandosi. La sua espressione è tornata dolce, un sorriso si spalma sul suo viso come la Nutella su una fetta di pane. “Come sta la dottoressa Paola?” si informa. “Io ho l’onore di conoscere il padre, il dottor La Ciura. Grand’uomo! Un uomo eccezionale!”
Marco, che non lo ha mai visto in vita sua, concorda: “Eh sì, come lui ce ne sono pochi!”
Ci sorridiamo come un gruppo di giapponesi ad una cena di gala. “Se siete d’accordo, potrei mostrarvi subito il vostro appartamento” propone il nostro ospite, inforcando la bicicletta posata contro la parete. “Seguitemi pure in macchina.”
Marco lo tallona, facendo numerosi commenti sarcastici sulle dimensioni del suo posteriore. Arriviamo in un paio di minuti. “Vedrete che sarete contenti!” annuncia il signor Cascio, aprendo la porta di una delle case. “Solo il meglio per gli amici del dottor La Ciura!”
In effetti, la casa è grande, arredata con gusto borghese (mobili di legno massiccio e paesaggi alle pareti), ed ha un vago profumo di lavanda. Mentre ci mostra le stanze, il sorriso del signor Cascio si allarga sempre di più: ormai arriva alle orecchie e non sembra avere alcuna intenzione di fermarsi. “Vi piace?” ripete.
“Sì, ci piace, signor Cascio” lo rassicuro.
“Pèpe! Per gli amici sono Pèpe!” esclama lui. “E adesso viene il meglio, ragazzi, anzi dottori. Da questa parte prego!” ci invita. Sale le scale simil marmo, al termine delle quali c’è una porticina che apre con energia.
“Ecco la parte più bella della casa!” annuncia, accompagnandoci in una grande terrazza, dove ci sono un tavolo, tre o quattro sdraio, e un ombrellone. L’ideale, per una sera d’estate.
Alla fine della visita, anche Marco è soddisfatto: “La prendiamo. Trecento euro per una settimana, giusto?”
“Esatto. Il prezzo sarebbe quattrocento, ma uno sconto, almeno uno sconto, dovete lasciarmelo fare” supplica il signor Pèpe. “Io non volevo neppure farvi pagare, ma la signorina Paola ha insistito che non avreste accettato.”
“È vero: non avremmo accettato” gli confermo. “Grazie dello sconto, comunque.”
“Scherza! Sono io che vi devo ringraziare, visto che mi date l’occasione di fare un servizio alla famiglia La Ciura” ci garantisce con fervore il signor Pèpe.

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