lunedì 18 gennaio 2016

Domenica 30 ottobre I gemelli Scomazzon

Di solito quando torno a Montebello sto sempre in casa. Questo fine settimana, però, ho voglia di uscire. Decido di telefonare alla mia ex compagna di scuola Sabrina, una delle poche persone di Vicenza con cui ho mantenuto i contatti.
“Ciao milanese” mi saluta. “Sei tornata alla base?”
“Sono tornata” confermo. “Ti va se ci vediamo per bere qualcosa?”
Ci diamo appuntamento al Bar Olimpia, dove lei mi raggiunge con venti minuti di ritardo. Si presenta insieme alla sua amica Raffaella, che ha fatto le medie nel nostro stesso istituto. Non era in classe con noi, ma la ricordo benissimo lo stesso, perché era un personaggio fuori dal comune: bellissima ed assolutamente disinibita, rossa di capelli, già molto sviluppata a tredici anni. “Eravamo tutte gelose di te a causa della tua storia con Carlo Scomazzon” le confesso. “A proposito, lui e il suo gemello sono diventati dei campioni di hockey, no? Ogni tanto leggo di loro sul giornale.”
“Giocano a Novara e sono gli idoli della città” conferma lei.
“Deve farti uno strano effetto che siano diventati delle celebrità.”
“Ehm… a dire la verità, mi sono potuta abituare gradualmente all’idea, visto che ho seguito la loro carriera passo dopo passo.”
“Ma tu e Carlo siete restati insieme pochi mesi!” mi stupisco.
“Sì, ma durante l’università ho avuto una relazione decisamente più seria con suo fratello Alessandro.”
“E fu così che la Raffi scoprì un sacco di cose interessanti sui gemelli” interviene Sabrina, ridendo “Per esempio, che non sono necessariamente identici, in certi dettagli, se possiamo chiamarli così.”
“Non posso negare di essere un’esperta” ammette Raffaella. “Anche perché in seguito sono tornata insieme a Carlo. Fu una relazione senza impegno, ma scoprii tutto il suo potenziale sessuale, che alle medie ovviamente non era completamente sviluppato.”
Il cameriere ci porta i cocktail. Bevo un sorso del mio gin tonic. “Incredibile. Sei passata da un gemello all’altro, per poi tornare con il primo.”
La Raffi confessa: “E non è finita qui. L’anno scorso ci fu un ulteriore capitolo della saga. Rividi Alessandro in un locale, qui a Vicenza, mentre festeggiava coi suoi amici una vittoria a hockey. Chiacchierammo per ore. Mi raccontò che si era sposato, ma che sua moglie - che  tra parentesi viene da una delle famiglie più ricche di Vicenza - quella sera era rimasta a Bologna. Insomma, per farla breve, senza quasi accorgermene ci finii a letto.”
“Fu un episodio sporadico?”
“No, seguitammo a vederci per qualche mese. Abbiamo troncato, spero definitivamente, solo a giugno. Lui è rimasto un romantico, come all’Università: voleva lasciare sua moglie e sposarmi, figurati. Ho rifiutato, perché non volevo essere io ad affossare il suo matrimonio, per quello che vale. Ma soprattutto perché è tempo di superare questa mia ossessione con i gemelli Scomazzon: mi hanno già dato abbastanza, in questi quindici anni.”
“Puoi dirlo forte: li hai spremuti come limoni” ride Sabrina.
 “Non si sono risentiti per questo tuo ondeggiare come una farfalla dall’uno all’altro?” chiedo io.
“No, non ho mai avuto problemi con loro. In compenso ne ho avuti con la loro mamma.”
“La suocera? Cosa ti ha fatto?”
Raffaella fa una smorfia disgustata. “Alessandro - che ha tante belle qualità ma non sa tenere la bocca chiusa - durante l’ultima puntata della nostra storia le confidò tutto. Lei, che è pappa e ciccia con la nuora, e soprattutto con i soldi di quest’ultima, uscì letteralmente di testa: mi chiamò più volte a casa, gridando e dandomi della degenerata. Mi fece anche pedinare dal nipote.”
Di fronte al nostro tavolo, accompagnato da una mora vistosa, passa Schizzo, che mi fa un cenno di saluto, un po’ imbarazzato. Gli faccio ciao con la manina.
Sabrina mi domanda, sorpresa: “Conosci Raimondo?”
“Era mio compagno di classe al liceo” rispondo, guardando pensierosa il bicchiere.
“Senti senti. Il mondo è piccolo. Io l’ho incontrato qualche anno fa ad una festa, dove ci siamo scambiati i numeri di telefono. Una domenica siamo andati a Jesolo, e non è stata una bella esperienza. Guidava come un pazzo, ho avuto davvero paura.”
Lo guardiamo mentre si allontana.

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